Don Gaetano è uomo tuttofare in un grande caseggiato della Napoli popolosa e selvaggia degli anni cinquanta: elettricista, muratore, portiere dei quotidiani inferni del vivere. Da lui impara il giovane chiamato "Smilzo", un orfano formicolante di passioni silenziose. Don Gaetano sa leggere nel pensiero della gente e lo Smilzo lo sa, sa che nel buio o nel fuoco dei suoi sentimenti ci sono idee ed emozioni che arrivano nette alla mente del suo maestro e compagno. Scimmia dalle zampe magre, ha imparato a sfidare i compagni, le altezze dei muri, le grondaie, le finestre - a una finestra in particolare ha continuato a guardare, quella in cui, donna-bambina, è apparso un giorno il fantasma femminile. Un fantasma che torna più tardi a sfidare la memoria dei sensi, a postulare un amore impossibile. Lo Smilzo cresce attraverso i racconti di don Gaetano, cresce nella memoria di una Napoli (offesa dalla guerra e dall'occupazione) che si ribella - con una straordinaria capacità di riscatto - alla sua stessa indolenza morale. Lo Smilzo impara che l'esistenza è rito, carne, sfida, sangue. È così che l'uomo maturo e l'uomo giovane si dividono in silenzio il desiderio sessuale di una vedova, è così che l'uomo passa al giovane la lama che lo dovrà difendere un giorno dall'onore offeso, è così che la prova del sangue apre la strada a una nuova migranza che durerà il tempo necessario a essere uomo.
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Tra i vicoli brilla la lama De Luca Un Pinocchio rovesciato, nei bassi di Napoli, sullo sfondo le eroiche «quattro giornate» del 1943
Quaranta Bruno, Tuttolibri - La Stampa
Ha il respiro di un cunto Il giorno prima della felicità, apparso a Erri De Luca fra questa e quella lettura biblica. Anche se la Parola qui non tace, a cominciare dal titolo, offerto da un figlio di Sara e di Abramo braccato dai tedeschi: «... capodanno. Lo festeggiamo a settembre. Con la pietra buttata nell’acqua facciamo la mossa di liberarci delle colpe. Domani, per noi comincia l’anno. Voglia il nostro che oggi sia il giorno prima della felicità». Fra «i vicoli più stretti e strilloni» della geografia, Erri De Luca tesse una storia lucente, o, meglio, vi obbedisce, l’asseconda, mai urtandola, mai enfiandola. Perché - avverte - «lo scrittore dev’essere più piccolo della materia che racconta. Si deve vedere che la storia gli scappa da tutte le parti e che lui ne raccoglie solo un poco. Chi legge ha il gusto di quell’abbondanza che trabocca oltre lo scrittore». Non diceva Beppe Fenoglio di scrivere con grande sospetto, ma soprattutto con grande fiducia? Qualcosa di simile accade alla nostra voce napoletana, intonata, intonatissima, tra nidi di fantasmi, grotte, navi, panni sgocciolati. E’ una sorta di Pinocchio rovesciato Il giorno prima della felicità. Geppetto è il portiere don Gaetano, alle spalle vent’anni in Argentina, dove «le solitudini regolavano il fiato in faccia agli orizzonti», senza famiglia come «il bambino smilzo e contorsionista» a cui, giorno dopo giorno, porge le chiavi della vita, meritando ascolto, devozione, complicità. Lo guiderà fino alla maggiore età, nutrendolo, oltre che di cernia e pastepatate, di storie («mi aprivano le orecchie e mi allargavano il cuore»), ogni storia un giorno del mondo - amuleto, grimaldello, memento -, omaggiandolo di una linfa sapienziale così indigena, così densa nelle vene dialettali («il dialetto era speciale per le sentenze, meglio della messa in latino»).Tra guerra e dopoguerra, tra le quattro epiche giornate del settembre ’43 («Così arriva una mattina, finalmente piove e sento in bocca a tutti la stessa parola, sputata dallo stesso pensiero: mo basta») e le carrozzelle «che portavano soldati americani in gita. Erano i figli di quelli arrivati a città liberata». Con magica levità Erri De Luca suscita, di una città «monarchica e anarchica», canovacci remotissimi eppure neanche un filo di ruggine («da noi si scorda il male appena arriva un poco di bene»), anime, pietre, pagliuzze d’oro, lampi di Totò, Marotta, De Sica, come il conte che si giocava le proprietà al circolo, come lo scarparo che al pubblico ufficiale presentatosi quale funzionario delle imposte domanda: «Ah, siete un impostore?», come il ragioniere Cummoglio che «se buttava una paglia in acqua la vedeva andare a fondo, mentre agli altri galleggiava pure il piombo». ..Coltivando il vizio di leggere trasmessogli dal bouquiniste don Raimondo, onorando la scuola, dalle elementari al liceo («io me li porto dietro i libri di scuola, se devo scappare per il terremoto»), delibando le grazie di una vedova, l’eroe involontario di Erri De Luca si avvicina alla resa dei conti. Due sillabe (Anna) che lo scortano da quando, ancora piccolo, giocava a pallone nel cortile e che giungeranno a cozzare contro il guappo. Sarà il coltello, sarà il riflesso benigno del sole («Il sole vuole bene a quelli che abitano in basso, dove non arriva»), sarà l’oceano, dove ottenere l’assoluzione, «impossibile in terra».
Rare Book
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