"Qual č il vero peccato di Anna, quello che non si puň perdonare e che la fa consegnare alla vendetta divina? Č la sua prorompente vitalitŕ, che cogliamo in lei fin dal primo momento, da quando č appena scesa dal treno di Pietroburgo, il suo bisogno d'amore, che č anche inevitabilmente repressa sensualitŕ; č questo il suo vero, imperdonabile peccato. Una scoperta allusione alla sotterranea presenza nel suo inconscio della propria colpevolezza č il sogno, minaccioso come un incubo che ritorna spesso nel sonno o nelle veglie angosciose, del vecchio contadino che rovista in un sacco borbottando, con l'erre moscia, certe sconnesse parole in francese: Il faut le battre le fer, le broyer, le pétrir [...]. Il ferro che il vecchio contadino vuole battere, frantumare, lavorare, cioč distruggere, č la stessa vitalitŕ, il desiderio sessuale, l'amore colpevole e scandaloso di Anna; e cosě essa lo sente e lo intende come la colpa che la condanna. Ed č l'immagine minacciosa di quel brutale contadino, conservatasi indelebilmente nella sua memoria, che le riappare davanti e la terrorizza alla vista di quell'altro vecchio contadino, un qualsiasi frenatore, che passa sul marciapiede sotto il suo finestrino curvandosi a controllare qualcosa; ed č quel vecchio a farle improvvisamente comprendere cosa deve fare: distruggere quella vitalitŕ, e cioč distruggere se stessa per espiare la sua colpa." (Dalla Postfazione di Gianlorenzo Pacini)
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