In un castello della Maremma toscana vicino alla Bolgheri di Giosuè Carducci, arriva un venerdì di giugno del 1895 l'ingombrante e baffuto Pellegrino Artusi. Lo precede la fama del suo celebre "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene", il brioso e colto manuale di cucina, primo del genere, con cui ha inventato la tradizione gastronomica italiana. Ma quella di gran cuoco è una notorietà che non gli giova del tutto al castello, dove dimora la famiglia del barone Romualdo Bonaiuti, gruppo tenacemente dedito al nulla. La formano i due figli maschi, Gaddo, dilettante poeta che spera sempre di incontrare Carducci, e Lapo, cacciatore di servette e contadine; la figlia Cecilia, di talento ma piegata a occupazioni donnesche; la vecchia baronessa Speranza che vigila su tutto dalla sua sedia a rotelle; la dama di compagnia che vorrebbe solo essere invisibile, e le due cugine zitelle. In più, la numerosa servitù, su cui spiccano la geniale cuoca, il maggiordomo Teodoro, e l'altera e procace cameriera Agatina. Contemporaneamente al cuoco letterato è giunto al castello il signor Ciceri, un fotografo: cosa sia venuto a fare al castello non è ben chiaro, come in verità anche l'Artusi. In questo umano e un po' sospetto entourage, piomba gelido il delitto. Teodoro è trovato avvelenato e poco dopo una schioppettata ferisce gravemente il barone Romualdo. I sospetti seguono la strada più semplice, verso la povera Agatina. Sarà Pellegrino Artusi a dare al delegato di polizia le dritte per ritrovare la pista giusta.
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Malvaldi «Odore di chiuso»: nel castello indaga Pellegrino Artusi, Sherlock Holmes in Maremma
Bruno Gambarotta, Tuttolibri - La Stampa
Fra i personaggi storici chiamati dai casi della vita a improvvisarsi detective mancava finora Pellegrino Artusi e Marco Malvaldi ha provveduto ad arruolarlo nel suo Odore di chiuso. E ha fatto bene, per due buone ragioni. La prima: nonostante l`alluvione di libri di ricette (700 novità nel 2010 in Italia), il vecchio Artusi (La scienza in cucina e l`arte di mangiar bene è del 1891), è ancora il più affidabile. La seconda: il romanzo eredita l`arguzia sorniona, la bonarietà, il disincanto, lo scintillio dell`intelligenza del suo protagonista.
Odore di chiuso si presenta come un giallo rispettoso di tutti i canoni della tradizione classica; unità di tempo, un week end dal venerdì sera del 16 giugno 1895 al lunedì mattina del 19; unità di luogo, il castello del barone di Roccapendente, con il corollario che fra i suoi abitanti deve per forza celarsi il colpevole; il delitto nella camera chiusa; una prima soluzione dell`enigma che si rivelerà fallace; la riunione di tutti gli abitanti nel salone per il disvelamento del o della colpevole, al termine di un serrato duello verbale.
Il castello si trova in Maremma, dalle parti di Bolgheri e perciò non può mancare un accenno a Giosuè Carducci, scritturato dall`autore per un delizioso cammeo. Vi abitano, oltre al barone Romualdo Bonaiuti, i componenti della sua famiglia in un ventaglio di tre generazioni, la dama di compagnia della vecchia baronessa Speranza costretta alla sedia a rotelle, la numerosa servitù e due ospiti, il signor Ciceri, fotografo e il nostro Pellegrino Artusi. Nessuno sa perché il barone li abbia invitati.
Ai famigliari non resta che fare congetture mentre attendono l`arrivo della carrozza con il nostro esperto di cucina e già queste prime pagine, con il loro andamento da opera buffa, danno il la alla narrazione. Artusi, nato a Forlimpopoli nel 1820, ha 75 anni ben portati, è ancora signorino, inalbera un paio di baffoni bianchi, folti e spioventi, come quelli di Umberto I, ha in mano una cesta con due gattoni obesi e un romanzo di Arthur Conan Doyle. E` un preciso segnale per il lettore ma Marco Malvaldi ha dovuto farglielo leggere in inglese poiché a quella data il padre di Sherlock Holmes non era stato ancora tradotto in italiano.
«Una delle doti principali di Pellegrino Artusi era la capacità di leggere il volto e il comportamento dell`umano; un talento naturale, che aveva affinato nei lunghi anni passati a vendere sete a mezza Toscana». Conoscere il linguaggio non verbale, diremmo oggi, e la dote sarà preziosa per aiutare il delegato Artistico a sbrogliare una matassa che ci guarderemo bene dallo svelare. Diciamo solo che, mentre nelle parodie del giallo l`assassino è il maggiordomo, qui è la vittima.
Si parla molto di cibo in questa storia, e non potrebbe essere altrimenti ma nondimeno, per i pranzi del sabato e della domenica, quando già i commensali stanno per sedersi a tavola per gustare i capolavori di una cuoca tanto brava quanto scostante, succede qualche imprevisto che li costringe a digiunare. A parziale compenso l`autore ci regala una ricetta che non si trova nell`Artusi ma che ci starebbe benissimo, il polpettone zingaro a base di tonno.
Lasciamo per ultimo quello che per noi è il pregio maggiore, la complicità con il lettore. Però, quando l`autore afferma che «una delle maledizioni più comuni per gli uomini potenti è quella di avere un figlio scemo», è chiaro che si riferisce al passato. O no?
Palermo, Sellerio, 2011, 16mo brossura editoriale con copertina illustrata a colori, pp. 198.
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