Siamo a Holt, Colorado. La vita dei vecchi fratelli Harold e Raymond McPheron è cambiata da quando hanno accolto alla fattoria Victoria Roubideaux e la piccola Katie, ma ora la ragazza ha deciso di andare all'università e di trasferirsi a Fort Collins. A poca distanza dai McPheron vive DJ, un ragazzino orfano che si prende cura del nonno. DJ fa amicizia con Dena, la figlia della vicina, e la sua storia si lega a quella di Joy Rae e del fratello Richie, che vivono in una roulotte con la famiglia e sono a carico dei servizi sociali, sotto le cure attente di Rose Tyler.
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L’America minore è una roulotte affollata di orfani
Giuseppe Culicchia, Tuttolibri - La Stampa
Tornarono dalla scuderia nella luce obliqua del primo mattino. I fratelli McPheron, Harold e Raymond. Vecchi che si avvicinano a una vecchia casa alla fine dell’estate». Lo aspettavamo, e infine è arrivato: Crepuscolo, terzo e ultimo capitolo della bellissima Trilogia della Pianura di Kent Haruf (tradotto anche stavolta dal bravo Fabio Veronesi) ci riporta a Holt, la cittadina del Colorado in cui l’autore americano, scomparso nel 2014, ha ambientato sia Benedizione sia Canto della Pianura. Siamo dunque in quel Midwest che fa da sfondo alle vite dei personaggi dell’America «minore» in cui Haruf, paragonato a mostri sacri come Raymond Carver o Cormac McCarthy e perfino a Hemingway o a Faulkner, ha scelto di ambientare le sue opere.
Tornano perciò innanzitutto loro, i fratelli McPheron, due orfani taciturni che nel romanzo precedente avevano accolto nella loro fattoria Victoria Roubideaux, la studentessa cacciata di casa dalla madre alcolista perché rimasta incinta ad appena sedici anni. Diventata madre a sua volta con la nascita della piccola Katie, Victoria lascia il ranch dei McPheron per iscriversi al college, trasferendosi a Fort Collins. E i due a un tratto si ritrovano di nuovo soli come un tempo, e alle prese con l’avanzare della vecchiaia: «Sotto la fronte bianca avevano la faccia arrossata e segnata dalla vita all’aria aperta, i capelli crespi sulle teste rotonde erano ormai grigio ferro e rigidi come una criniera di cavallo tagliata a spazzola».
In un certo senso, la partenza di Victoria e di Katie rende di nuovo orfani i McPheron. «In casa c’era il silenzio. Non si sentiva neppure il rumore del vento». Ma non c’è solo la solitudine dei vecchi fratelli cowboy. Non lontano da loro, vive DJ. Alla pari dei due, anche DJ è orfano, e benché adolescente si prende cura del nonno, ormai assai lento nei movimenti e talvolta costretto a servirsi di una sedia a rotelle. Il ragazzino gli prepara da mangiare, gli dà le medicine, lo cambia. DJ, che ha doti di grande pazienza, fa amicizia con Dena, la figlia di una vicina che è stata da poco abbandonata dal marito. E quando Dena e la sorella Emma cercano di insegnare a DJ ad andare in bicicletta e lui si fa male, perché non ha mai avuto i soldi per comprarsene una, la madre delle sue bambine accorre per medicargli il gomito sanguinante, e mentre lo disinfetta piange: «Mentre la madre si prendeva cura di lui, all’improvviso gli occhi le si riempirono di lacrime, che scesero lungo le guance, giù fino al mento».
Ecco che tipo di scrittore era, anzi, è Kent Haruf. Capace di restituirci il dramma interiore di un personaggio da particolari minimi, sfumature. Sia come sia: la storia di DJ s’intreccia come sempre accade nei libri che formano questa trilogia con quella di altri antieroi del Grande Nulla Americano, ovvero con un’altra coppia di fratelli – che però al contrario dei McPheron sono giovanissimi – Joy e Richie Rae, due ragazzini di cui si occupa l’assistente sociale Rose Tyler, visto che vivono con i genitori Luther e Betty in una roulotte. «C’erano piatti e cartoni di pizza da tutte le parti e la confezione in plastica delle bibite in lattina era appoggiata al frigorifero. Il televisore in un angolo era acceso su un quiz del mattino».
A Kent Haruf non serve molto altro per dare un’idea della povertà e dello squallore in cui sono costretti a vivere i Rae. E come in Benedizione e in Canto della Pianura ci lascia stupefatti e incantati per la sua straordinaria capacità di immedesimazione nei suoi protagonisti, con cui condividiamo una fragilità che è intrinseca al nostro essere umani. Resta grandissimo il rimpianto per la scomparsa di un autore immenso, che avrebbe ancora potuto regalarci libri di cui certo ci saremmo innamorati e che non ci stancheremo mai di rileggere.
VOL 3
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